I primi in assoluto ad affermare l' esistenza dell' atomo furono principalmente i filosofi Democrito ed Epicureo. Ai sostenitori della filosofia atomista si presentarono ovviamente non poche difficoltà: difficoltà sul piano logico di accettare la presenza di una porzione di materia estesa ma indivisibile; difficoltà nello spiegare le evidenti differenze chimiche e fisiche dei vari corpi. Fu per queste ragioni che la filosofia atomista venne sopraffatta da quella Aristotelica, accettata e quasi idolatrata nell'arco dei secoli. Nel Medioevo accenni relativi all' atomismo si trovarono solo nei pensatori arabi; nel XIV sec. si riaffacciò in Europa, con Nicola d'Autrecourt che riteneva la sua fisica atomista più probabile di quella aristotelica. In quella che viene considerata l'età moderna, riferimenti alla filosofia atomista si hanno occasionalmente con Giordano Bruno, Galileo e Bacone. Fu solo con Gassendi che si assistette ad una vera e propria ripresa dell'atomismo. Al termine del XVIII sec. l'atomo acquistò una connotazione scientifica con Lavoisier, Proust, Avogadro e Dalton. Nel XIX secolo, poi, furono eseguiti numerosi esperimenti per determinare molte proprietà della materia. Ma spesso fu possibile ricavare solo leggi empiriche di cui non era possibile dare una giustificazione. Il primo ad avvicinarsi alla verità fu J.J.Thomson, il quale nel 1897 come conclusione di una lunga serie di esperimenti realizzò di aver scoperto una nuova particella: l'elettrone. Sulla base delle sue scoperte egli realizzò un modello, secondo cui l'atomo era una sfera di raggio 10-10 m circa, contenente al suo interno gli elettroni e una massa positiva tale da bilanciare la carica negativa degli stessi elettroni. Il modello di Thomson era certamente il più veritiero fino ad allora elaborato, ma continuava a lasciare parecchi dubbi; nonostante questo, la stragrande maggioranza dei fisici si convinse che questa fosse la strada giusta. Deciso a risolvere i dubbi rimasti, E. Ruherford intraprese una serie di esperimenti che lo portarono ad osservare che l'atomo è composto da un nucleo caricato poitivamente, di raggio circa 10-14 m, intorno al quale sono distribuiti gli elettroni fino ad una distanza di circa 10-10 m. Fu un giovane fisico danese ad illuminare nel 1913 la strada verso la verità: Niels Bohor. Egli applicò ad alcuni concetti appresi presso il laboratorio di Rutherford le idee di quantizzazione introdotte da Planck ed ampliate da Einstain. Ipotizzò che gli elettroni si muovessero sì attorno al nucleo, ma secondo un moto simile a quello che della luna attorno alla terra ('modello planetario'), sostituendo l'interazione gravitazionale con quella elettromagnetica. Dallo sviluppo di questo modello Bohor dedusse che gli elettroni atomici sono distribuiti a strati, nel senso che coprono orbite intorno al nucleo a diverse distanze (come i pianeti intorno al sole). Suppose inoltre che esistessero delle orbite stabili sulle quali l'elettrone potesse rimanere senza perdere energia. Secondo quest'idea le orbite dell'elettrone venivano, quindi, quantizzate. Nonostante il successo, il modello di Bohor non fu accettato da tutti i fisici, soprattutto a causa delle 'innovazioni' introdotte dall'unione della fisica meccanica con quella quantistica. Il modello di Bohor, per quanto ormai vicinissimo alla realtà, lasciava ancora dei quesiti senza risposta. In seguito Arnold Sommerfeld riuscì ad ampliare questo modello, generalizzando ed aumentando le condizioni di quantizzazione imposte da Bohr. Grazie a queste e ad altre nuove idee i risultati delle misure sperimentali erano sempre più facilmente spiegabili. Lo sviluppo della compressione dell'atomo crebbe esponenzialmente, fin tanto che nel 1932 J.Chadwick pose l'ultimo tassello nella costruzione definitiva del modello atomico, scoprendo il neutrone.
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